RICORDATEVI DELL'EUROPA

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La Germania, dopo le elezioni del 24 settembre, è ancora senza governo e l'Unione Europea si ritrova un po' paralizzata. In Austria, la coalizione fra destra ed estrema destra emersa dalle elezioni del 18 dicembre suscita preoccupazione rispetto a come gestirà l'imminente (da luglio) semestre di presidenza austriaca del Consiglio europeo. In Cechia si attende ancora la formazione di un governo, e di sapere quale orientamento avrà nei confronti dell'Europa. L'Italia, dunque, non sfugge alla regola. Ormai, in seno all'Unione Europea, non esistono più elezioni nazionali in senso proprio: comportano tutte una dimensione europea. Per le tematiche sottoposte dai candidati al voto degli elettori. E per i risultati del voto.

L'Europa è dunque al cuore di questa campagna. Non soltanto perché i diversi partiti e movimenti affrontano esplicitamente i temi europei: il fiscal compact, il deficit e il debito pubblico, le politiche di rigore, l'euro. Quando evocano la legge Fornero, il Jobs act o la situazione delle università, parlano all'Italia e per l'Italia, ma anche, nei fatti, all'Europa e per l'Europa. L'Italia ha visto emergere movimenti ostili all'Europa. Storicamente, il Pci e il Psi condannavano il mercato comune, denunciando un'Europa atlantista, capitalista e democristiana. I socialisti prima, e poi i comunisti, hanno progressivamente cambiato posizione, tanto che a partire dagli anni '70 l'Italia è stata caratterizzata da un largo consenso politico europeista. Questo consenso ha cominciato a incrinarsi all'inizio degli anni '90, dopo il trattato di Maastricht del 1992 e la successiva creazione della zona euro nel 1999, nel momento in cui l'Italia doveva misurarsi con uno shock migratorio e con l'avanzata della Lega Nord, che da principio era secessionista. Questa stessa Lega, inizialmente europeista, è diventata sempre più critica dell'Unione Europea. Il Movimento 5 Stelle ha fatto dell'ostilità a Bruxelles una delle sue grandi risorse politiche, tanto più se si considera che il malessere democratico europeo, l'austerità, la crescita della disoccupazione, l'allargamento della disuguaglianza, l'afflusso dei migranti, che l'Italia ha gestito e gestisce senza una grande solidarietà da parte dei suoi partner ( è il meno che si possa dire), hanno favorito la propagazione dell'euroscetticismo. Oggi, al termine di una clamorosa inversione di tendenza, gli italiani sono più euroscettici dei francesi.

Come in molti altri Paesi europei, gli schieramenti politici sono divisi sull'Europa. Nel centrodestra da una parte ci sono Lega Nord e Fratelli d'Italia, dall'altra la gran parte di Forza Italia e Noi con l'Italia. A sinistra, all'interno di Liberi e Uguali, c'è Stefano Fassina che fustiga l'euro definendolo « strumento di dominio economico e politico da parte di un'oligarchia europea », e Laura Boldrini che è un'europeista convinta. Solo il Pd dimostra, da questo punto di vista, un impegno europeo nell'insieme chiaro e netto.

In questo contesto, le elezioni del 4 marzo offrono una straordinaria opportunità per l'Italia di chiarire, una volta per tutte, il suo rapporto con l'Europa. E non semplicemente riguardo i vantaggi e gli inconvenienti della moneta unica, ma intrattenendo un dibattito di fondo reale tra i candidati riguardo all'Unione Europea. Bisogna sapere se l'Italia vuole mettersi ai margini dell'Europa o ritrovare il posto che le compete. Se la bilancia dovesse pendere dal lato degli euroscettici, magari con un governo che rifletta questa tendenza, gli effetti per l'Italia e l'Unione Europea sarebbero enormi. Se accadesse l'inverso e venisse formato un governo indiscutibilmente europeista, l'Italia potrebbe contribuire, come in passato ma con proposte adattate al presente e alle sfide del futuro, al rilancio, necessario e urgente, della costruzione europea. Restano sette settimane per verificare se i responsabili politici italiani saranno all'altezza di questa sfida storica. Il conto alla rovescia è cominciato.

( Traduzione di Fabio Galimberti)

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Marc Lazar